La prima colonia di cicogne in Italia
L’esperienza delle cicogne a Faenza dal loro arrivo al 2005
Con quelle prime tre coppie, acquistate da Roberto Bucci allo zoo di Torino nel 1957 e portate nel parco del Tondo, ha avuto inizio la prima esperienza italiana che aveva l’obiettivo di reintrodurre la cicogna in territori da secoli senza la sua presenza.
Si trattava di un progetto certamente difficile, anche perché era sempre più ridotto l’ambiente naturale adatto per l’alimentazione, ma non unico. Negli stessi anni un maestro svizzero, Max Bloesch, stava facendo le sue prime esperienze per riportare la cicogna nella regione di Solothrn, nelle pianure nord-occidentali del paese. Partito da una attenta ispezione di tutta la Svizzera fatta nel 1949, dove aveva visto che esisteva un unico nido mentre i comignoli un tempo ospitali sui tetti dei fienili e delle stalle erano vuoti con tanti nidi abbandonati e ormai disfatti, iniziò ad allevare cicogne andando in Francia ed Algeria a prendere animali con meno di sei settimane di vita e quindi non ancora in grado di volare. Tenuti in un ampio recinto a questi ospiti tagliò undici penne nella parte bassa dell’ala per impedirne il volo. L’operazione indolore venne ripetuta normalmente fino all’età di due anni. Gli uccelli così trattati non partivano per la normale migrazione poiché scattava la “trappola dell’amore”, così chiamata da Max Bloesch, che toglieva l’istinto ad abbondare in inverno i luoghi della riproduzione. Quando la colonia di cicogne diventò abbastanza numerosa ad una metà di nuovi nati il taglio delle penne non venne più praticato e divennero liberi di scegliere. Agli inizi degli anni ottanta il tentativo poteva dirsi riuscito: in Svizzera la popolazione di cicogne era diventata di 400-500 esemplari, nel 1979 i centomila contribuenti della zona di Solothurn votarono all’unanimità la proposta di tassarsi per 40 centesimi di franco svizzero a testa da destinare all’iniziativa di Bloesch e nel 1987 nidificarono in paese 73 coppie con un involo di 175 cicognini.
Anche l’esperienza faentina, iniziata con quelle prime coppie che avevano i nervi delle ali tagliati per non prendere il volo, ha avuto tempi ed esperienze simili a quelle di Max Bloesch. Dopo i primi tre anni in cui le cicogne non riuscivano a far crescere i loro piccoli, le coppie vennero allontanate dal parco pubblico e portato presso la Villa Sirene dove Carlo Gulmanelli cominciò a prenderle in cura avendo da subito il primo risultato positivo: la crescita dei primi cicognini.
Ci vollero una decina di anni per far prendere consistenza alla colonia faentina e, sull’esempio dell’esperienza svizzera, una parte dei nuovi nati furono lasciati liberi di prendere il volo. La cicogna tornava nei cieli di Romagna e il sogno di Roberto Bucci iniziava a dare i primi concreti risultati. Guardando quei voli ci fu chi come il naturalista Alberto Silvestri, segnalò con fervore su un periodico di avere avvistato il 13 settembre 1971 un volo di 13 cicogne in una zona del Comune di Predappio, ma ci fu anche qualcuno che sparò alle cicogne in volo e ne portò una a fare imbalsamare, come documentato da una rapporto della polizia giudiziaria dell’aprile 1971. A causa delle diverse perdite, non solo per gli spari che comunque colpirono otto cicogne in soli tre anni, ma anche per le folgorazioni dai fili della luce e per altri incidenti, gli animali si ridussero ulteriormente e per alcuni anni fu nuovamente limitata la possibilità di volo.
Con questa nuova scelta, grazie anche alla maggiore esperienza dell’allevamento e al grande impegno di Carlo Gulmanelli le cicogne tornarono a crescere di numero. A metà degli anni Ottanta la colonia faentina era composta da più di cinquanta cicogne e nell’area attrezzata, messa a disposizione dalla famiglia Bucci, furono aumentati i servizi di ospitalità, anche grazie all’aiuto della sezione faentina del W.W.F. (World Wildlife Found), con nuove attrezzature e costruzione di ulteriori nidi. Favorite da queste nuove attività le cicogne nel 1985 furono particolarmente prolifiche e ben 25 furono i piccoli nati. Nello stesso anno alla fine del mese di agosto un gruppo di sei cicogne si allontanò e iniziò, per la prima volta nell’esperienza faentina, il percorso dell’emigrazione in Africa riaprendo quella “terza via”, oltre ai passaggi negli stretti di Gibilterra e del Bosforo, come Roberto Bucci aveva auspicato già negli anni sessanta.
Il viaggio di quel gruppo di cicogne non fu facile: già nei pressi di Foligno venne segnalato un primo abbattimento da parte di uno sconosciuto cacciatore-bracconiere ed un secondo abbattimento nella zona di Latina colpì molto probabilmente il gruppo faentino che si era fermato per qualche giorno nel parco del Circeo.
Nel luglio dell’anno seguente tre cicogne del gruppo partito da Faenza ritornarono nei loro nidi e così, per la prima volta, venne accertata la migrazione e il ritorno delle cicogne nate a Faenza. Il riconoscimento avvenne grazie ad anelli di plastica arancioni messe nelle loro lunghe gambe.
Da allora la partenza verso rotte migratorie si è ripetuta quasi tutti gli anni, con gruppi di dimensioni variabili, e l’ospitalità romagnola verso le cicogne è sempre cresciuta. Gli abbattimenti da parte di cacciatori, verificatisi in precedenza, non sono stati più segnalati. Nel 1990 il W.W.F., in collaborazione con l’Arci organizzò in una bella area verde un concerto appositamente dedicato alle cicogne per finanziare l’acquisto di alcune attrezzature necessarie a Carlo Gulmanelli. Anche l’Enel nel 1991 riconobbe l’importanza dell’esperienza faentina e consentì, dopo lunghe trattative e in opposizione al rifiuto di qualche anno prima, la possibilità di nidificazione sui tralicci della luce. Negli anni precedenti operai dell’Enel, rispettando regole della società, distrussero i nidi che le cicogne avevano realizzato sui pali della zona. Si trattava in realtà di un atto inutile perché il nido, se opportunamente protetto, non crea danno ai fili della luce. Dopo varie esperienze, anche negative per alcune cicogne che rimasero fulminate, l’Enel accettò di fare quello che in tutti gli altri paesi era non solo ammesso, ma anche auspicato.
Una nuova difficoltà si manifestò nel 1989 quando a causa di uno sbagliato spargimento di pesticidi ci fu un avvelenamento da Gliphosate per cui vi furono 15 uova sterili e 4 uova abortite. Anche l’anno seguente vi furono 13 uova sterili ma anche una ripresa con 12 nuovi nati, mentre nel 1988 i nati erano stati 21.
Il 1990 fu anche l’anno di un altro grande risultato: il costituirsi di una nuova coppia di cicogne, con un maschio probabilmente proveniente dall’Africa. In aprile questo maschio combattivo selvatico si fermò attirato dalla presenza faentina di cicogne e si fece casa vincendo un combattimento e cacciando da un nido già occupato un maschio che volò via insanguinato in vari punti. La nuova coppia nidificò facendo anche nascere quattro piccoli che andarono ad incrementare la colonia faentina colpita proprio in quegli anni dalle uova sterili per i pesticidi.
Consolidandosi sempre più l’esperienza delle cicogne, tanto che un impianto per il golf e un grosso centro commerciale si sono caratterizzati prendendone il nome, agli inizi del 2000 volavano nei cieli di Faenza 34 cicogne in libertà, con 13 coppie stabili. Altre 60 cicogne nate negli ultimi due anni erano tenute in una grande voliera, in attesa di liberazione e per ambientarle in una nuova area attrezzata realizzata di fianco ad un grande insediamento industriale dove, oltre alla voliera, sono state realizzate piattaforme per i nidi e una vasca di dimensioni sufficienti per l’alimentazione controllata.
I nidi da tempo si erano sparsi in vari punti del territorio faentino. Oltre ai luoghi ormai storici nuovi nidi si erano diffusi sui pali dell’Enel e su apposite piattaforme installate dalle associazioni naturalistiche e da alcuni privati. Il nido forse più spettacolare è stato realizzato con il contributo dei volontari dell’Associazione Pangea e del Gruppo Speleologico faentino con l’installazione di una piattaforma sull’alto camino di una attività industriale non più in funzione.
Anche per la continua crescita delle attività, nuovi collaboratori sono stati coinvolti e tra questi l’Istituto Nazionale Fauna Selvatica che ha inanellato con chiari segni di riconoscimento gli uccelli faentini e il Centro Recupero Animali Selvatici Astore responsabile nella gestione dell’area attrezzata con il finanziamento del Comune di Faenza. Questi nuovi soggetti hanno anche realizzato nel 2004 un censimento completo conteggiando complessivamente 72 cicogne di cui 40 adulti (20 coppie in riproduzione) e 32 giovani non ancora in maturità. Durante il periodo della migrazione è stata certificata la sosta di cinque cicogne inanellate non faentine provenienti dalla Svizzera, dalla Germania, dalla Francia e da Vicenza. Cicogne faentine nel corso dell’anno si sono trasferite in altre aree della pianura padana e per due di esse è stato certificato il viaggio a Piacenza e Novara. Per una delle cicogne provenienti dalla Svizzera è stato poi possibile raccogliere riscontri fotografici e una ricca documentazione scientifica sui suoi movimenti.
Nella primavera del 2003 sono nati 30 pulcini, nel 2004 ne sono nati 26 e nel 2005 la nidiata complessiva è stata di 51 cicognini. Quattro sono state le diverse zone di nidificazione nel 2005: un’area a lato della linea ferroviaria tra Faenza e Castelbolognese con undici nidi, l’area attrezzata dal 2000 con cinque nidi, il parco di Villa Sirene prima sede delle cicogne con quattro nidi e un traliccio Enel in zona agricola.
Nel 2005 ci sono poi state anche altre due novità: la nidificazione spontanea di una coppia di passo lungo l’argine del fiume Senio e l’arrivo nell’area attrezzata di una coppia di cicogne nere che hanno deciso di passare l’inverno nella zona portando dunque una ulteriore motivo di interesse alla colonia faentina. A completare quest’anno di novità c’è stato anche il grande numero di animali partiti per la rotta migratoria. Negli ultimi dieci giorni di agosto e nella prima settimana di settembre con tre diversi voli sono partite una ottantina di cicogne. E’ il più grande numero di cicogne mai partite da Faenza, un vero e proprio record che ricorda l’assoluta validità del progetto avviato alla fine degli anni cinquanta da Roberto Bucci e completato da Carlo Gulmanelli. La partenza di tante migratori non ha, tra l’altro, ridotto in modo eccessivo la presenza faentina dove sono rimaste una sessantina di cicogne.
L’esperienza faentina è dunque diventata completa, oltre alla riproduzione ed emigrazione di esemplari nati in zona la colonia è anche un sicuro punto di riferimento per le cicogne che passano durante le loro immigrazioni. Se a promuovere l’iniziativa è stato Roberto Bucci, il suo collaboratore, Carlo Gulmanelli, che ha continuato l’attività anche dopo la morte dell’industriale ha trascorso cinquanta anni di lavoro coi grandi trampolieri e ha messo a punto un metodo di lavoro davvero efficace. Nidi puliti, allevamento dei pulcini dopo le prime settimane di vita e alimentazione controllata sono i punti principali del metodo che porta ad un continuo notevole incremento della popolazione faentina di cicogne.
Il nido deve essere pulito e deve drenare bene l’acqua, proprio per garantire la sopravvivenza dei piccoli. Basta un forte temporale, una giornata di vento o qualche altro imprevisto per far morire tutta una nidiata. Proprio perché questi eventi sono comuni e diffusi tanto da portare ad una altissima mortalità Carlo Gulmanelli da tempo, in collaborazione con i Vigili del Fuoco, preleva una parte dei piccoli dai loro nidi per allevarli a terra. Per questi piccoli, tenuti sempre puliti sotto le lampade ad una temperatura costante di 28-30 gradi, la dieta è davvero particolare: pezzi di cuore fresco di bovino tagliato fine al coltello sul tagliere. Il cibo viene somministrato sei volte tutti i giorni arricchito da calcio e vitamine, ogni tre ore con intervallo dalle 21,30 alle 5,30, insieme ad una siringata di acqua da 50/60 cc., anche essa con miscela di calcio e vitamine. Quando il pulcino, che per essere in salute deve restare bianco fino a quando non mette le prime piume, comincia a crescere nella dieta viene intervallato anche il pesce fresco, come salmone, trota e pesce bianco, tagliato in pezzi piccoli ma lasciato duro e non ridotto a poltiglia. Grazie a questo metodo la morte dei piccoli è davvero rara, mentre quelli che vengono lasciati nel nido hanno una altissima mortalità e al massimo da una coppia nidificatrice si mantiene in vita un unico piccolo.
Il pulcino è più vorace rispetto agli adulti, quando hanno sessanta giorni e fanno le piume prima dell’involo arriva a mangiare un chilo di impasto al giorno. Dovendo sfamare non solo le cicogne ma anche i tanti altri animali che si invitano al banchetto, si aggiungono anche fino a cinquanta aironi e grandi quantità di gabbiani, Carlo Gulmanelli arriva a preparare più di 200 chili di pasto al giorno. La dieta è fatta con carne, utilizzata soprattutto d’inverno, pesce e pane con l’aggiunta di molte ossa utili per il loro contenuto di calcio. Il pesce viene utilizzato due volte alla settimana. Tutte le carni vengono tritate insieme alle ossa e al pane in modo da farne una miscela semiasciutta ma non molle. In inverno il cibo diventa circa il doppio di quello estivo perché gli uccelli non lo trovano per proprio conto come in estate e perché gli animali hanno più bisogno di calorie per affrontare il freddo.
Con l’esperienza fatta si può dire che gli obiettivi originari erano forse ambiziosi ma che sono stati raggiunti. Il sogno di Roberto Bucci si può dire realizzato, grazie all’impegno e al continuo lavoro di Carlo Gulmanelli. Ora Faenza non è più l’unica città delle cicogne in Italia. Dal 1985 la Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli) ha attivato il primo centro di riproduzione della Cicogna bianca a Racconigi (CN) seguendo successivamente con altri due centri cicogne, a Silea (TV) e a Cascina Venara (PV) e dando attuazione al proprio Piano di Azione per la conservazione della cicogna bianca in Italia. Anche in Lombardia vi sono zone con cicogne o progetti specifici, come quelli del Parco del Ticino o dell’Adda sud, ma soprattutto vi è l’esperienza dell’oasi di Sant’Alessio di proprietà di Harry Salamon e aperta al pubblico dove dal 1978 sono presenti anche le cicogne arrivate da Faenza. Anzi sono state proprio le cicogne risalenti al gruppo allevato a Faenza che hanno dato origine a tutta la colonia che popola l’oasi, con sette nidi attivi, e la Provincia di Pavia dove già nel 1992 sono stati contati dalla Lipu trentadue nidi di cicogna con al centro l’oasi di Sant’Alessio.
Per completare definitivamente l’esperienza della cicogna a Faenza manca però una cosa: un’oasi adeguatamente attrezzata anche come centro visita per le scolaresche, visitatori e turisti. Progetti in questo senso sono stati fatti negli anni, ma le realizzazioni concrete non sono ancora arrivate. Restano gli impegni presi, in primo luogo dall’amministrazione comunale, e la speranza che presto si possano festeggiare in una nuova struttura naturalistica, adeguatamente attrezzata anche per il richiamo turistico, le nascite di nidiate sempre più numerose e il volo di cento cicogne sui cieli della Romagna.
Claudio Casadio
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